Educazione del cane

Educazione del cane

L’educazione del cane.

Amare il proprio cane

Ci sono persone che credono che amare il proprio cane significa permettere loro di fare tutto quello che vogliono e desiderano. Non è ciò che io credo. Lasciare che il cane possa agire in maniera indiscriminata non è una scelta vantaggiosa ne’ per il cane che cresce senza riferimenti, ne’ per gli aspetti di relazione sociale.

Ciò che scriverò potrà non piacere a tutti, ma rappresenta quello che io intendo per educazione del cane e, anche se potrà apparire non intuitivo, rappresenta l’essenza dell’amore disinteressato nei suoi confronti. Scriverò perciò di cosa intendo per educazione del cane, ovvero come vivere in armonia con gli altri, come creare una comunicazione, un vocabolario che sia capito e condiviso con il cane e quali sono i contesti che rendono significativo il messaggio educativo.

 

L’educazione: perché è fondamentale insegnarla al cane

Chi di noi non si sente gratificato dall’evidente soddisfazione del proprio cane dopo aver divorato un bocconcino allungato senza un particolare motivo? Chi di noi non si sente profondamente frustrato nel momento in cui è palese che non siamo in grado di interrompere un noioso ed insensato abbaiare al suono del campanello di casa o quando qualcuno passa davanti alla porta? Che cosa hanno in comune le due situazioni?

La risposta è che in entrambe manca l’educazione del cane ed il nostro ruolo di educatore e referente emozionale nei suoi confronti. Ad alcuni parlare di educazione fa pensare a rigidità e costrizione, dobbiamo però capire che chi educa non ha il ruolo di vietare che il cane si diverta ed esprima la sua individualità, ma ha lo scopo di proteggerlo, di impedire che l’espressione della sua personalità provochi problemi nel rapporto con la famiglia e con il mondo esterno.  L’educazione del cane ha quindi lo scopo di permettere il sereno rapportarsi dell’individuo con gli altri (anche di specie diverse) e con l’ambiente e questo è soprattutto vero ed intrinseco per specie animali sociali come l’uomo ed il cane.

 

L’educazione in natura

Immaginate un cucciolo nato da appena dieci giorni: si muove a malapena, i suoi interessi in questo momento sono la ricerca della calda pelliccia della madre e del suo capezzolo per nutrirsi. Man mano che i giorni passano i suoi movimenti si fanno più sicuri, la definizione di cosa gli sta attorno più precisa e la sua curiosità e voglia di esplorare più impellente.

Le sue azioni però provocano delle conseguenze, un morso al capezzolo con i suoi aguzzi dentini appena spuntati provoca dolore e la madre deve comunicare che l’azione è stata compiuta con troppa energia. Un morso adeguato di risposta allora diventa una informazione importante, adesso il cucciolo ha imparato che deve moderare la sua forza. Anche il gioco con i fratelli può diventare doloroso, ed un acuto uggiolare segnala l’eccesso. Queste sono le prime forme di educazione del cane.

Il processo educativo prosegue con la crescita, i piccoli imparano ad esplorare e a cacciare ma sempre con l’aiuto della madre che crea la situazione più inoffensiva per aiutare i piccoli a raggiungere i loro obbiettivi senza correre pericoli. In quanto animale sociale, i cuccioli incontreranno anche altri adulti oltre alla madre, e dovranno perciò imparare a relazionarsi con loro. Non tutti gli adulti gradiranno giocare, quindi i cuccioli dovranno imparare ad osservare gli altri, a inviare messaggi per trasmettere le loro intenzioni e capire quelle dei loro interlocutori. Gli adulti in questo caso diventano educatori ed “insegnanti” per i piccoli.

Le specie sociali sono predisposte a relazionarsi, a scambiare messaggi e a comportarsi in base alle risposte che ottengono (feedback) e man mano che la risposta risulta appropriata allo scopo, il comportamento si stabilizza e diventa automatico. Quando il cane fa branco con l’uomo, il procedimento si ripropone e quindi buona parte delle attività comportamentali sono il risultato di azione e risposta tra i componenti. Da questo momento è l’uomo che si deve occupare dell’educazione del cane.

 

Educazione e contesti significativi

“Perché non fa quello che gli dico!!”. Questo è ciò che mi sento spesso chiedere dai proprietari frustrati, irritati dalla disinvolta indifferenza dei propri cani ai loro richiami. Nella mente delle persone sembra ovvio che i cani eseguano automaticamente ogni richiesta, tra l’altro non spiegata con un linguaggio a loro comprensibile. Siamo di fronte a due problemi: il primo è relativo alla chiarezza dell’informazione, ossia il cane deve essere messo in situazione di capire ciò che vogliamo da lui.

Il secondo problema può essere riassunta da questa domanda: come facciamo a far sì che ogni nostra lecita richiesta venga inevitabilmente soddisfatta, che può essere tradotta anche in questo modo: come faccio a diventare il referente emotivo e sociale del mio cane (oppure: come faccio ad essere il costruttore dell’educazione del cane)?

Un cane esegue una richiesta solo se chi la propone è il suo referente ed ha l’autorità riconosciuta per poterla presentare. Senza referenza un cane si comporterà seguendo il suo giudizio e la sua convenienza, che potrebbero essere in acuto contrasto con un’armonica vita in famiglia e in società.

Diventare referente vuol dire amare il proprio cane ma gestire le risorse che lo coinvolgono, comunicandogli che queste risorse ci sono e le potrà ottenere ma solo riconoscendoci il ruolo di punto di riferimento. Le risorse che un cane ricerca sono il cibo, il gioco e le attenzioni.

Quando un cane capisce che queste risorse sono gestite da noi, incomincerà a riconoscerci il ruolo di referente, se invece le ottiene automaticamente senza nessun “filtro”, passiamo dal ruolo di referente a quello di dispensatore che non ha diritto a negarle. Ciò non vuol dire che un cane debba essere messo alla fame, alloggiato in situazioni di impoverimento ambientale e privato degli affetti per poterlo educare, ma solo che dovrà cooperare con il referente per poter ottenere le risorse che desidera. E’ responsabilità del referente in questo modo costruire l’educazione del cane.

 

Un vocabolario condiviso

Come facciamo a spiegare questi concetti al nostro cane? Ovviamente non a parole, ma cercando di trovare un comportamento adeguato che trasferisca l’informazione. Trovo efficace utilizzare quelle richieste o comandi che già si tende ad insegnare ai cani per trovare un punto in comune, ossia un vocabolario condiviso. Nel momento che insegno il “seduto”, il “terra”, il “resta” (i termini che ho usato sono convenzionali, l’importante è fare associare al cane un azione al suono che emetto o al gesto che faccio) ho un elemento che sia per me che per il cane ha lo stesso significato.

Quando incomincerò a strutturare l’educazione del cane utilizzerò perciò queste richieste nel momento in cui voglio gestire le risorse: se voglio dare del cibo, che sia il suo pasto o un piccolo premio, chiederò al cane di sedersi; quando vorrò giocare farò precedere il momento ludico dall’esecuzione di una mia richiesta, così come quando vorrò dare un’attenzione o il mio cane la richiede, ecco che gli domanderò di eseguire un comando prima di dispensarla. Se il mio cane non seguirà la mia richiesta, la risorsa non sarà concessa ed interromperò la interazione, per riprenderla pochi secondi più tardi riproponendo di nuovo la richiesta.

Dovendo quindi ottemperare alle richieste per ottenere la risorsa, il cane riconosce automaticamente il ruolo di referente al proprietario. Diventando referente, potrò quindi richiedere in ogni situazione di eseguire o sospendere i comportamenti che non sono adeguati a una vita sociale soddisfacente. Vediamo perciò prendere forma l’educazione del cane.

 

Alcune considerazioni

Il modello che ho delineato è per sua natura generico, va bene per quasi tutte le situazioni anche se possono esistere eccezioni, per esempio in casi di cani molto competitivi su una risorsa particolare per motivi legati al suo sviluppo infantile. In queste situazioni non è sufficiente la basilare educazione del cane ma è necessario l’intervento di uno specialista.

Essere referente e responsabile dell’educazione del cane  risulta indispensabile per gestire le forme di aggressività inter e intraspecifica, oltre che per le forme ansiose, in quanto solo chi è tale possiede i mezzi per interrompere circoli viziosi patologici e comportamenti inadatti.

Il ruolo di referente non è un opzione, ma è un dovere morale di chiunque gestisca un cane, perché solo se fa da riferimento può trasmettere tranquillità e serenità, oltre che permettere una interazione corretta nell’ambito della vita sociale.

Dr. Alberto Perini
Dr. Alberto Perini
Sono Alberto Perini, medico veterinario da oltre vent'anni, specialista in etologia e benessere animale, fin da piccolo appassionato di animali. Aiuto chi ha problemi con i propri pets a stabilire un equilibrio “nel branco”, così da ritrovare il piacere di vivere insieme, circondati serenamente dell’amore che queste creature non smettono di dimostrarci.